lunedì 9 aprile 2012

PAOLO SANTARONE - PIERO E IL RITORNO DELLA NEBBIA





Quel che dice di sé: 
« Un po’ di romanzi nel cassetto… poesie e racconti… (tanti). 
Una scrittura che con slanci e pause dura da più di mezzo secolo… 
In un lontano passato ho pubblicato testi di divulgazione storica per ragazzi, e molte traduzioni 
(perfino una versione in prosa dell’Eneide)… Poi sono vissuto della mia scrittura come writer” in una grande azienda.  Qualcuno là mi chiamò penna d’oro, da cui un mio verso “penna d’oro per oro venduta”. 
Nell’ultimo scorcio dello scorso secolo ho fondato, con altri, la rivista on linPseudolo” vissuta circa 6 anni. 
Alcuni abbastanza cospicui ruderi di Pseudolo” sono ancora visitabili nel sito 


Credo ci sia ben poco d’altro da dire: vivo a Daverio, vicino Varese, mi piace viaggiare 
e più che bipolare, mi definirei ciclotimico. » 





                                                                        
PIERO E IL RITORNO DELLA NEBBIA


Piero il buono il dolce l’ardito
Piero che urlava il silenzio
come un ubriaco nella notte
Piero che c’era
Piero che ci stava


Piero il tenero e il bello
che riempiva le nostre vite
del suo concitato clamore
e scommesse confuse


Piero che sopportava ogni sconfitta
gettandosi in un’altra avventura
(fu così che scalò il nulla
fino all’ultima vertigine)


Piero di pianto di riso
che smemorava l’offesa
Piero che soffriva l’altrui dolore
e questo fu
forse
il suo più insopportabile dolore


Piero che non pensava
e sul piatto buttava
il suo inconcludente parlare
di mangiate e di sogni
la sua incostante fedeltà d’amore
e il pudore della sua attenzione


***


Dietro il fastidio della sua impolitezza
e l’incertezza che dava
quel suo finto ostentare
una mite arroganza
(Piero l’incauto Piero l’avventato
euforico di non so quale speranza
e forte di non so quale vittoria)…


dietro l’imbarazzo del suo
così maldestro vivere
di tutto solo che fosse fratello
mi era certo
anche quando confondevamo i nostri corpi
in una lotta una sfida un’ira


figli d’un gene comune
e d’una innocente sventura
immagine riflessa nella pozza
d’un duplice Narciso


***


Aiuta ora
in questa solitudine d’assenza
la nebbia autostradale
che finalmente
canzoni di morte e torce perforanti intona
compagna liberatrice di più lunghi cammini


Aiuta
ora che sono scomparse le lucertole
pallida ovatta materna
singhiozzo lungo dell’asfalto
umidore di tenue sorriso
ora che i nostri occhi sono muti


Aiuta a pregare
che sapevamo l’un l’altro d’essere
segno di nebulosità rinnovata sul bilico
scommessa da due parti giocata
ma
per l’inganno di chi vive e muore
non vinta insieme
né insieme perduta




3 commenti:

  1. Parlando di questo suo intenso, sentitissimo e sorprendente testo, Paolo Santarone ha aggiunto (e la sua commozione è tutta racchiusa nell'apparente asciuttezza di queste parole): "Piero è morto a trentanove anni. Era quasi un mio sosia. Ci separavano quattro anni, ma sembravamo gemelli"... Aggiungere ancora altro, non è il caso...

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  2. intensissima è dir poco, Paolo crea tutta un'atmosfera di innocenti circostanze che disegnano in un veloce flashback una giovinezza vissuta con la gaiezza e le contraddizioni degli anni folli fino alla nebbia delle autostrade. E Paolo si piega a raccogliere la giovinezza dell'amico ingoiato dalla nebbia ed ad inglobare in sé quel frenetico spazio in un canto. Giancarlo Serafino

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  3. Paolo, è bellissima, mi ha lasciato un grumo di commozione che resterà a lungo. Piero è anche nel mio cuore, ti entrava nel cuore. Lo ricordo così, mio cugino, proprio come lo ritrai tu, con parole intense di amore e rimpianto, da fratello quasi gemello. Gli ho voluto tanto bene e ne voglio tanto anche a te, anche se la vita con la sua fretta e i suoi impegni, ci consente rari contatti. Un grande abbraccio dalla vostra cugina Namì

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