giovedì 5 aprile 2012

FRANCESCO DE GIROLAMO - TRE POESIE





Francesco De Girolamo è nato a Taranto, ma vive a Roma, dove, oltre che di poesia, si occupa di teatro, come autore e regista. Ha pubblicato le raccolte poetiche: “Piccolo libro da guanciale” (Dalia Editrice, 1990), con introduzione di Gabriella Sobrino; “La lingua degli angeli” (Edizioni del Leone, 1997); “Nel nome dell’ombra” (Ibiskos Editrice, 1998) con una nota critica di Gino Scartaghiande; “La radice e l’ala” (Edizioni del Leone, 2000) con prefazione di Elio Pecora; “Fruscio d’assenza” - Haiku della quinta stagione - (Gazebo Libri, 2009); e “Paradigma” (LietoColle, 2010) con introduzione di Giorgio Linguaglossa.
È presente nelle antologie: “Poesia dell’esilio” (Arlem Edizioni, 1998), “Poesia degli anni ‘90” (Scettro del Re, 2000), “Haiku negli anni” (Empiria, 2005), “Calpestare l’oblio” (Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana, 2010), e "Quanti di poesia", (Edizioni L’Arca Felice, 2011).
Si sono occupate criticamente della sua opera, tra le altre, le riviste: “Poesia”, “Folium”, “Poiesis”. “LaRecherche.it” e “Atelier”.






DESERTO D'ACQUA
(dall’Ilva alle Murge, via Taranto e Salento)




Ed ora chiamami straniero, selva di moli informi
ed anse fiocinate ed alberi lunari senza più brada,
stregata linfa, muraglia di miasmi protetti
di incombusti pozzi di neve nera e calda,
dai sigilli alle arcate nascoste, infecondo frantoio
d’oro eroso e argento arsenicato, ciurma persa
in lungomari sbarrati, bordeggiante e sinuosa
in caffetani intarsiati di sabbia turchese
e bellici scafandri rococò, tessuti da piccole larve
in brulicanti bazar indostani o grotte singalesi.
Ritorta costa d’Itria, pitagorico regno burlesco
della riscossa dei malnati, in forzato soccorso
ai derelitti, dannati d’oltremare, d’altro dialetto e stesso
volto di pietra scura. Ed anche voi, visitatori di passo,
scesi a sciamare da logore carrozze e non da inermi,
naufraghe prigioni, bare a trecento piazze per smunti
traci assetati, voi che ormai forse non fuggite altro
che il vostro antico, pallido tedio, fate attenzione
a togliere ogni spina, ogni residua stilla di veleno,
prima di assaporare il cuore polposo di quel nostro
selvaggio frutto di cactus, ocra-arancio, candito
allo scirocco dei più nascosti orti dell’assolata baia
d’un troppo stanco Ulisse, che mai tolse gli ormeggi,
deposte le sartie lasche, dal malioso pontile a tutto sesto
delle lampare in perpetua risacca.


Testo incluso nell'Antologia "Quanti di poesia", Edizioni L’Arca Felice, Salerno, 2011.




Stella Marina


Alla deriva, nel vortice indaco
di balze argentee, su strie verdastre,
si era incurvato come un ippocampo
stanco del suo vano inseguire
meduse, bandierine e polpi rosa,
di cavalcare le onde lievi
del controvento infido di bolina,
nella corrente gelida e scura
di un mulinello sottomarino.
Si allontanava il cielo basso,
le sue parole perdevano l’eco,
il suo respiro stretto nella rete,
come le grinfie di un’orca ferita,
furente del suo sapore di morte
nel suo fiato di schiuma rosso sangue,
ansimava per un orlo d'approdo,
forse vicino, o soltanto sognato,
fino a strozzare un sorso troppo lungo
di libertà, di insanabile sete,
nel tonfo estremo del cupo fondale.
Disteso sullo scafo, supino e inerte,
fissava ancora il velo di una nuvola
sfumata nel giallo-ocra della luna,
nel cessato allarme mesto del molo,
le motovedette ormai rientrate,
con il suo corpo gonfio, ricomposto
su una lettiga della guardia costiera:
un galleggiante di soccorso ai piedi
e una stella marina nella gola.


Testo inedito, 2011.




Dignità


Ti ho vista soffocare
nelle aule del potere,
tappezzate di menzogne,
nelle fabbriche incendiate
come celle a gas segrete,
nelle scuole devastate,
nei trapezi senza rete
dei cantieri improvvisati,
nei sorrisi imbarazzati
dietro appalti d’assassini,
nello strazio dei bambini
di padri morti in croce,
a testa in giù, colpiti
dai più vili cecchini,
nascosti negli uffici,
tra dismissioni ottuse
e milioni di scuse
di calo dei profitti.
Ti ho vista scomparire
dal viso rassegnato,
votato al compromesso
dell’arreso sindacato,
indegno del passato,
delle lotte che un tempo
lo videro all’assalto
del lavoro promesso
di un salario più alto
per chi vola tra il ferro
senza portarsi accanto
neanche l’ombra di un santo,
o un bicchiere di latte
per ingoiare l’amianto
senza il vomito in gola
di un’atroce tagliola
che stringe lentamente,
ma un giorno non perdona.
Ti ho sentita invocata
da voci troppo roche,
da grida troppo fioche,
da lingue ormai tagliate
da aguzzini e gerarchi
delle schiere di armate
di mafie liberate
da condoni e amnistie,
da leggi spudorate,
scritte con sangue e fango,
da cui erano cancellate,
le tue lettere alate,
da una mano di bianco
sul tuo nome rimpianto,
che il tempo brucerà
nella storia di stato:
dignità, dignità.


Testo inedito, 2010.




Link per chi fosse interessato all’ultima raccolta poetica edita, “Paradigma”: http://www.lietocolle.info/it/de_girolamo_francesco_paradigma.html



9 commenti:

  1. Assonanze, rimandi, ritmi e rime, in queste tre poesie fra loro differenti nella struttura, ma non certo nel LOGOS. Uso a bella posta questo vocabolo antico dai molteplici significati, perché somiglia ai testi di Francesco De Girolamo, che riescono a contenere, all'interno di ogni verso, e, tramite i versi, a restituire, trasfigurati dalla luce della poesia, i molteplici e contraddittori aspetti della realtà presente. Nel primo testo, che ripercorre i miti della Magna Grecia (ma rivissuti al presente), riecheggiano anche altri paesi e paesaggi, altre storie universali e particolari, dove si muovono i " viaggiatori di passo", che mi rimandano ai briganti post-unitari, ai villaggi dei pescatori, alla difficoltosa lotta perché si resti pavesianamente "soli e vivi". Passando attraverso il secondo testo, il canto così vitale insito nel verso ci conduce lungo una vicenda mortale. Ma ogni trasformazione umana proviene da una vicenda di morte, e da questa ciascuno, a suo modo, può risorgere. Tuttavia chi risorge non può sottrarsi ai mali del mondo e dell'animo umano. Allora ecco che le maschere del potere assumono tutti i loro chiarissimi contorni in "Dignità". Malgrado questa chiara visione del negativo, i versi di questo raro poeta, nella loro consapevole contemporaneità, sono quelli di un antico cantore greco...
    E io concordo con quanto ha scritto Jolanda Catalano a proposito di una raccolta di testi poetici del nostro Autore: "C’è un canto in questi versi, un canto modulato su più note, un’ondeggiare nitido della parola che raggiunge e fa vibrare corde nel profondo. Una bellezza da cui non ci si può sottrarre."

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  2. Rosso d'Oriente


    Tutto ciò che risplende è mutevole
    come il rosso tenue d’Oriente
    che gocciola nel mare già tetro
    dietro quella imperturbabile nuvola.
    Tutto ciò che risplende non ha quiete.
    Tutto ciò che risplende è nulla,
    come la stella che svanisce nell’alba,
    il desiderio che si impenna ferito
    e folgorato cade prigioniero
    nell’abisso di un sospiro.
    Tutto ciò che risplende è leggero,
    come il tuo incedere distratto
    tra la folla, con occhi da straniero,
    che non appartiene a nessuno,
    cui nessuno tende una mano.
    Tutto ciò che risplende è lontano.
    (F.De Girolamo)

    Spero che Francesco non se la prenda se ho inserito quest'altra poesia che completa la visione e il suo sguardo verso la nostra terra! Grazie Francesco! Grazie Antonino!

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  3. AH dimenticavo il colpevole: Giancarlo Serafino

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    1. Grazie a voi due. A te, Francesco, per l'amicale disponibilità, e a te, Giancarlo, perché mi consenti di "jouer la poésie" (che fortunaccia: infine ti ho scovato. Ma mi hai scovato tu!).

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  4. Il corpo a corpo con la parola che in questi testi trova un serrato / appassionato esperirsi tra Spirito e Ragione è forse il carattere più vistoso del lavoro di Francesco . E rimarchevole è il suo guardare "l'Altro da sè" con altrettanta partecipazione antagonista risolta linguisticamente in serrata /intrigante metonimia .
    Ringraziamo per questi bei testi .

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  5. Sono io che devo ringraziare, davvero infinitamente, per la squisita ospitalità, l'ammirevole, estrema cura dell'allestimento e le bellissime, penetranti parole su questi miei testi poetici, Antonino Caponnetto. E complimenti per il blog di altissimo livello, uno spazio davvero rivolto con accoglienza alla Poesia, ma anche con rigorosa competenza e lungimirante passione.
    Francesco De Girolamo

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  6. Ringrazio anche Giancarlo Serafino e Leopoldo Attolico, per i loro rispettivi, preziosi interventi, davvero generosi, partecipi e pertinenti.
    Un caro saluto.
    Francesco

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  7. Riporto qui il commento inviatomi da Gabriella Gianfelici:

    "Non riesco a far pubblicare il mio commento che, a questo punto, ti invio:

    E' notevole la "dignità" di questi versi, la loro attualissima condizione di denuncia contro "mesti moli" e "appalti d'assassini".
    Voce, quella di Francesco, che arriva dopo una riflessione assorta, un completo ascolto degli altri e di se stesso. Cantare la relatà, cercare speranze, capire ciò che accade. Queste poesie sono la sintesi di tutto ciò ma soprattutto rivelano una poesia aperta, fluida e mai accomodante.
    Versi maturi, leggeri nella loro completezza, riconducili all'autore.
    Cari saluti
    Gabriella Gianfelici"

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  8. Ringrazio infinitamente Gabriella, di cui ho "copincollato" il bellissimo intervento, integralmente, senza voler neanche intervenire su un piccolo refuso: "Cantare la realtà...", per lasciarvi inalterato tutto ciò che mi è pervenuto "di suo pugno".
    Un caro saluto.
    Francesco De Girolamo

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