domenica 18 marzo 2012

TRE POESIE DI ATTILA JÓZSEF




Attila József (Budapest, 11 aprile 1905 – Balatonszárszó, 3 dicembre 1937) è il più noto dei poeti ungheresi moderni. Anche in Italia, nel periodo compreso tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, l’opera poetica di József ha avuto una certa fortuna editoriale, proprio mentre in patria si rivalutava l’opera e il valore del “grande poeta proletario” da parte del regime comunista ungherese. Le poesie di József, tradotte in molte lingue, appartengono da tempo alla letteratura mondiale. Un qualche interesse intorno all’opera di questo poeta sembra risvegliarsi ora anche nel nostro Paese (nel 2002, per la collana Oscar poesia del 900 di Mondadori è apparso il libro: “Attila József, Poesie 1922 – 1937, a cura di Edith Bruck”. 




Solo legga... 

Legga i miei versi solo 
chi mi conosce e mi ama, 
chi naviga nel nulla 
e sa come un profeta l’avvenire. 

Perché nei sogni gli è apparso 
in forma d’uomo il silenzio, 
e nel suo cuore talvolta dimorano 
la tigre e il mite cerbiatto.




Con cuore puro

Non ho padre né madre,

non ho patria né Dio, 
non ho culla o sepolcro, 

non ho baci né amante. 

Da tre giorni non mangio, 
non tocco cibo alcuno: 
vent’anni la mia forza, 
i vent’anni li vendo. 

Se nessuno li vuole, 
se li prenda il demonio. 
Rubo serenamente, 
se occorre, ucciderò. 

Che mi impicchino e coprano 
di terra benedetta: 
nascerà, dal superbo 
mio cuore, erba di morte.



Cultura

Di profumare il fiore si è stancato
era pieno di noia: 
perché diavolo metterlo in salotto?
Così cercava di gettare un’ombra
più grande che in giardino; 
nessuno lo guardava e si è stancato.

Io me ne sono accorto.



da POESIE, traduzione di Umberto Albini,

introduzione di Miklos Szabolcsi, Lerici, Milano, 1962



















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1 commento:

  1. Un poeta che, quando ero ancora un ragazzo, mi ha fatto prendere una bella sbandata per la poesia ungherese. P.A.

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