domenica 25 marzo 2012

ANTONIO MACHADO - « LA SAETA », MUSICATA E CANTATA DA JOAN MANUEL SERRAT



Antonio Machado, il cui nome completo è Antonio Cipriano José María y Francisco de Santa Ana Machado Ruiz (Siviglia, 26 luglio 1875 – Collioure [Francia], 22 febbraio 1939), è stato un poeta e scrittore spagnolo, tra i maggiori di tutti i tempi appartenente alla cosiddetta generazione del ’98.

Il futuro poeta nacque nel palazzo di “Las Dueñas” situato nella via omonima. A otto anni abbandonò insieme alla sua famiglia la città natale alla volta di Madrid dove studiò nella Institución Libre de Enseñanza. Una scuola laica e moderna fondata da Francisco Giner de los Ríos. Nel 1893 la morte del padre - uno studioso del folklore - lasciò la famiglia in precarie condizioni economiche, ma ciò non impedì al giovane Antonio di trascorrere la sua giovinezza in ambienti teatrali (recitò anche) e letterari, nei caffè frequentati da Miguel de Unamuno, Ramón María del Valle-Inclán, Azorín, Francisco Villaespesa e poi da Juan Ramón Jiménez e Ramón Pérez de Ayala. Compì anche due viaggi a Parigi: nel 1899 e nel 1902. Durante il suo primo soggiorno nella capitale francese conobbe Oscar Wilde e Jean Moréas; durante il secondo il maestro del modernismo, il poeta nicaraguense Rubén Darío. Negli anni successivi viaggiò molto anche nelle terre di Spagna.
Intanto nel 1903 aveva esordito con il libro di poesie Soledades. Nel 1907 ottenne un posto di professore di francese nelle scuole secondarie di Soria. Qui, due anni dopo, sposò la quindicenne Leonor Izquierdo; il poeta allora aveva 34 anni. L’anno successivo si recò ancora a Parigi, dove seguì un corso di Henri Bergson. In questo viaggio lo accompagnò la moglie che però appena due anni dopo, nel 1912 - l’anno in cui uscì la sua raccolta più famosa, Campos de Castilla - morì di tisi dopo lunghe sofferenze.
Prostrato dalla scomparsa della moglie, Machado tornò in Andalusia, a Baeza, ove rimase fino al 1919 conducendovi una vita solitaria, divisa tra passeggiate e letture. Nel 1919 si trasferì a Segovia con frequenti soggiorni nella vicina Madrid. Negli anni venti Machado fu tra gli intellettuali che con più forza si opposero alla dittatura di Primo De Rivera. Nel 1924 pubblicò un’altra raccolta di versi, Nuevas canciones.
Come scrittore invece collaborò con il fratello maggiore Manuel nella stesura di testi teatrali. Tra questi si possono citare: Juan de Mañara (1927), sul mito di Don Giovanni, e La Lola va ai porti (La Lola se va a los puertos, 1929), che fu il loro maggior successo. Nel 1927 diventò membro della Real Academia Española de la Lengua e l’anno successivo conobbe la poetessa Pilar Valderrama, suo grande amore dopo l’indimenticata Leonor.
Nelle elezioni del 1931 fu tra gli strenui sostenitori della Repubblica e, l’anno successivo si trasferì definitivamente a Madrid insieme alla famiglia del fratello José (pittore e disegnatore) e all’anziana madre che restò con lui fino alla morte. Intanto proseguì la pubblicazione dei suoi versi e nel 1933 fu la volta della terza edizione delle Poesías completas cui venne aggiunta una ulteriore sezione: De un cancionero apócrifo. Del 1936 è invece la pubblicazione del Juan de Mairena.
Nel frattempo Pilar Valderrama era partita per il Portogallo ed era iniziata la guerra civile. Machado, a differenza del fratello Manuel che si schierò con i nazionalisti, prese posizione a favore del governo repubblicano e appoggiò le azioni dei numerosi intellettuali. Nel frattempo continuò a scrivere: un secondo Juan de Mairena (che venne pubblicato postumo), le prose e i versi de La guerra. Nel 1936 Machado e la sua famiglia si trasferirono dapprima a Valencia e poi, nell’aprile 1938 nella città che restò ultimo baluardo di coloro che si opponevano ai golpisti, Barcellona. A fine gennaio 1939, Machado, la madre, il fratello e la moglie di questi furono tra gli ultimi a lasciare la città catalana diretti verso la frontiera francese, che attraversarono tra il 28 e il 29 gennaio. Nell’esodo, condotto per un lungo tragitto a piedi, lo scrittore fu costretto ad abbandonare una valigia contenente versi, appunti e lettere. Alloggiarono in un piccolo albergo appena dopo la frontiera, a Collioure. Il poeta era stanco, malato, deluso e amareggiato; passava lunghe ore all’aperto a guardare il mare grigio anche se i suoi ultimi versi furono dedicati all’assolata Siviglia della sua infanzia. Il 22 febbraio morì ed in una tasca del suo cappotto il fratello José trovò un pezzo di carta con l’ultimo verso “Quei giorni azzurri e quel sole dell’infanzia”. La bara, coperta dalla bandiera repubblicana e portata in spalla da sei miliziani, venne tumulata nel cimitero della piccola cittadina francese. Tre giorni dopo morì anche la madre che venne sepolta accanto al poeta.

POETICA

In Soledades è presente in modo evidente l’impronta del modernismo rubendariano ma contemporaneamente si può notare la tensione verso un linguaggio apparentemente semplice e l’intensa introversione. Lo stesso titolo, Solitudini, annuncia l’essenza intimistica del libro: solitudini non solo dell’uomo ma anche dello spazio, abitato solo dal soggetto che dialoga in modo autobiografico con i fantasmi del suo passato. In Soledades tutto appare velato di malinconia e di nostalgia; le immagini sono quelle tipiche del decadentismo: i giardini abbandonati, i vecchi parchi, le fontane. Queste immagini, come chiavi simboliche, rappresentano lo stato d’animo del poeta.

« Cantaban los niños / canciones ingenuas, / de un algo que pasa / y que nunca llega; / la historia confusa / y clara la pena. / Vertía la fuente / su eterna conseja: / borrada la historia, / contaba la pena ». (Los cantos de los niños)

« Cantavano i bimbi / ingenue canzoni / di un qualcosa che passa / e che mai arriva / la storia confusa / e chiara la pena. / Versava la fonte / le sue eterne leggende: / sbiadita la storia, / narrava la pena ». 
(Il canto dei bimbi)

In Campos de Castilla (1907-1917) il poeta evoca con tratti essenziali la solennità del paesaggio circostante, rievocato con un’ottica quasi visionaria. Questo libro segna il distacco dall’estrema soggettività di Soledades grazie all’introduzione della dimensione storica. In molti passi del libro infatti sono presenti rimandi agli eventi passati della storia della Spagna ed al dibattito ad essi collegato.

« Mas otra España nace, / la España del cincel y de la maza, / con esa eterna juventud che se hace / del pasado macizo de la raza. / Una España implacable y redentora, / España que alborea / con un hacha en la mano vengadora, / España de la rabia y de la idea ».
(Del pasado efímero)

« Ma un’altra Spagna nasce, / la Spagna dello scalpello e della mazza, / con quella eterna gioventù ch’è fatta / del passato massiccio della razza. / Una Spagna implacabile e redentrice, / Spagna che albeggia / con un’ascia nella mano vendicatrice, / Spagna della rabbia e dell’idea »,
(Del passato effimero)

Campos de Castilla è una corpus poetico abbastanza eterogeneo, dove fin dalla prima edizione del 1912 e poi in quelle successive del 1917 e del 1928, vengono a confluire aspetti e temi assai variegati e diversi, anche per gli eventi che colpiscono la vita del poeta, in un così lungo periodo di tempo. Per Campos de Castilla avviene, ad ogni edizione, l’analogo rimaneggiamento dei testi (con inserzioni, modifiche e tagli) già attuato in Soledades.
Vengono così a riversarsi in questa raccolta l’amore e la morte di Leonor, la denuncia sociale e politica, la religione, e tant’altro, che danno una apparenza di una certa disomogeneità, anche se il sottofondo è venato sempre dalla consueta indocile malinconia, dall’angoscia di vivere.

In Nuevas canciones Machado presenta una notevole pluralità di stili e di temi, e sviluppa soprattutto riflessioni sulla poesia nelle quali contrappone l’ispirazione naturale e autentica a quella astratta.

Il libro successivo, il Cancionero apócrifo (attribuito ad Abel Martín, uno degli eteronimi di Machado) il poeta accentua l’esplorazione della propria identità e riflette sull’eterogeneità dell’essere. Machado opta ormai per la prosa con una forte tendenza alla frammentazione nella quale si riflette il convincimento della disgregazione dell’esistenza.

La raccolta di sentenze Juan de Mairena (altro eteronimo di Machado) mette in evidenza il disaccordo dell’ultimo Machado con il ruolo attribuito all’élite intellettuale di guida spirituale della nazione. Qui Machado profetizza una poesia nuova, voce delle masse, composta da parole anonime della collettività.

« Juan de Mairena definisce se stesso il poeta del tempo. Sosteneva Mairena che la poesia era un’arte temporale – come già avevano asserito molti altri prima di lui – e che la temporalità propria della lirica poteva solo trovarsi nei suoi versi, pienamente espressa. Questa vanteria, un po’ provinciale, è propria del novellino che arriva al mondo delle lettere disposto a scrivere per chiunque, per le aspettative altrui, e, in ultima analisi, contro tutti. Nella sua Arte poetica non mancano paragrafi violenti, nei quali Mairena si affretta a decretare la stoltezza di coloro che avessero potuto sostenere una tesi contraria alla sua ».
(Cancionero apócrifo, Juan de Mairena, El “Arte poetica” de Juan Mairena)

OPERE

N. B. - Le poesie di Antonio Machado hanno subito diversi rimaneggiamenti, a volte consistenti, da parte dello stesso autore, mai soddisfatto della stesura definitiva.

Raccolte di poesie

Primeras poesías (anteriori al 1902).
Soledades (1899-1902), Alvarez, Madrid, 1903.
Soledades, galerías y otros poemas (1899-1907), Pueyo, Madrid, 1907, edizione finale nel 1919.
Campos de Castilla (1907-1912), Renacimiento, Madrid, 1912.
Nuevas canciones, (1917-1920), Mundo latino, Madrid, 1924.
Cancionero apócrifo de Abel Martín, Revista de Occidente, Madrid, 1926.
Poesías completas, in quattro edizioni dal 1917 al 1936:
(1899-1917), Residencia de Estudiantes, Madrid, 1917.
(1899-1925), Espasa-Calpe, Madrid, 1928.
(1899-1830), Espasa-Calpe, Madrid, 1933.
(1899-1936), Espasa-Calpe, Madrid, 1936.
La guerra, Espasa-Calpe, Madrid, 1937.

Prosa 

Juan de Mairena. Sentencias, donaires, apuntes y recuerdos de un profesor apócrifo, Espasa-Calpe, Madrid, 1936.

Teatro

Desdichas de la fortuna o Julianillo Valcárcel (1926) (in collaborazione con Manuel Machado.
Juan de Mañara (1927) con M. Machado.
Las adelfas (1928) con M. Machado.
La Lola se va a los Puertos (1929, in collaborazione con Manuel Machado.
La prima Fernanda (1931), con M. Machado.
La duquesa de Benamejí (1932), con M. Machado.
El hombre que murió en la guerra (1935?, rappresentata nel 1941) con M. Machado.

Bibliografia 

Paolo Caucci von Saucken. Invito alla lettura di Antonio Machado, Mursia editore, Milano 1980.
Antonio Machado, poesie, Proverbios y cantares, introduzione e traduzione a cura di Claudio Rendina, Newton Compton Ed. s.r.l., Roma, prima ed. 1971. 
Fonte: wikipedia


Joan Manuel Serrat i Teresa (Barcellona, 27 dicembre 1943), cantautore spagnolo, è una delle figure più importanti della canzone moderna sia in lingua catalana che in castigliano. Alcuni dei suoi pezzi di maggior successo sono poesie, messe in musica da Serrat, di alcuni dei migliori poeti in entrambe le lingue, come Antonio Machado o Miguel Hernández, anche se alcuni dei suoi testi originali potrebbero essere considerati capolavori poetici. Nato nel quartiere barcellonese del Poble Sec, in una famiglia operaia, nel dopoguerra, studiò ingegneria industriale e al contempo imparò a suonare la chitarra. Nel 1964 partecipò ad un programma di Radio Barcellona dove cantò uno dei suoi pezzi. Poco dopo, gli fu offerto un contratto per la registrazione del suo primo disco.
Serrat è stato, insieme a Lluís Llach uno dei primi esponenti della cosiddetta Nova cançó catalana. Da quando, alla fine degli anni Sessanta cominciò a cantare in castigliano e apparire in riviste di “fan” e partecipare ad alcuni film, molti dei suoi fedeli da sempre cominciarono a considerarlo un traditore della causa catalanista… 
DiscografiaAra que tinc vint anys (Edigsa, 1967); Cançons tradicionals (Edigsa, 1968); Como ho fa el vent (Edigsa, 1968); La paloma (Zafiro/Novola, 1969); Dedicado a Antonio Machado, poeta (Zafiro/Novola, 1969); Serrat 4 (Edigsa, 1970); Mi niñez (Zafiro/Novola, 1970); Mediterráneo (Zafiro/Novola, 1971); Miguel Hernández (Zafiro/Novola, 1972); Per al meu amic (Edigsa, 1973); Canción infantil (Zafiro/Novola, 1974); ...Para piel de manzana (Ariola, 1975); Res no és mesquí (Edigsa, 1977); 1978 (Ariola, 1978); Tal com raja (Ariola, 1980); En tránsito (Ariola, 1981); Cada loco con su tema (Ariola, 1983); Fa vint anys que tinc vint anys (Ariola, 1984): En directo (Ariola, 1984); El sur también existe (Ariola, 1985); Sinceramente teu (con María Bethania, Raimundo Fagner, Gal Costa, Caetano Veloso e Toquinho) (Ariola, 1986); Bienaventurados (Ariola, 1987); Material sensible (Ariola, 1989); Utopía (Ariola, 1992); Nadie es perfecto (Ariola, 1994); Banda sonora d’un temps d’un país (Ariola, 1996); El gusto es nuestro (con Ana Belén, Miguel Ríos e Víctor Manuel) (Ariola, 1996); Liliana, Historia de Babar y Viaje a la luna (racconti con musica, Audivis Ibérica, 1997); Sombras de la China (Ariola, 1998); Cansiones (Ariola, 2000); Versos en la boca (BMG, 2002); Serrat sinfónico (BMG, 2003); (BMG, 2006); Dos pájaros de un tiro (con Joaquín Sabina) (2007).


“La saeta”, poema de Antonio Machado, música y ejecución de Joan Manuel Serrat





Ai lettori che intendano approfondire la conoscenza del nostro grande poeta spagnolo raccomandiamo un post che ne riguarda l’opera - recentissima pubblicazione su Il Sasso nello Stagno: 
http://ilsassonellostagno.wordpress.com/2013/07/28/tre-poesie-di-antonio-machado/
















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2 commenti:

  1. La Saeta è un canto popolare gitano a carattere religioso, come il testo machadiano lascia chiaramente capire. Mi ha emozionato sempre e assai profondamente questa Saeta, più di quanto non abbiano fatto altre poesie più note e importanti di questo grande Cantore sivigliano dai tratti universali.
    Machado sa colpire i cuori, ma anche il fondo oscuro delle coscienze e degli intelletti... A.C.

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  2. La tradizione spagnola circa gli episodi della vita di Cristo (e penso ai celeberrimi riti della settimana santa che abbiamo importato anche noi, qui a Taranto, ad esempio) ha radici profondamente sentite e infisse in un cattolicesimo particolare e forse oggi anacronistico da alcuni punti di vista, che, però, io amo particolarmente anche soltanto come fenomeno di antropologia culturale. Il canto è molto suggestivo e struggente grazie all'interpretazione che proponi, per la quale ti ringrazio molto.

    Angela Greco

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