Junzaburō Nishiwaki (1894-1982) poeta giapponese, saggista e
critico. Nonostante la pubblicazione di alcune poesie in inglese, relativamente
sconosciuto sia ai lettori di lingua inglese che agli occidentali in generale.
Sconosciuto in italia, fatta eccezione per il serio contributo dato in senso
conoscitivo dalla rivista IN FORMA DI PAROLE con il citato volume cui ci
riferiamo. Venerato in Giappone, Nishiwaki è ampiamente riconosciuto come il
fondatore e maestro della poesia giapponese moderna. I critici tendono a
sottolineare le influenze europee nella sua poesia, il che ha portato altri a
mettere in discussione lo “stile giapponese” del suo canone, in particolare
della sua poesia più tarda. Per esempio, Osea Hirata suggerisce che Nishiwaki
sia tanto giapponese quanto occidentale e che appartenga nello stesso tempo a
entrambe le letterature. Hirata, critico inglese del lavoro di Nishiwaki ha anche indagato la natura “traslazionale”
del linguaggio poetico del poeta, e le somiglianze tra i suoi scritti teorici e
quelli del filosofo decostruzionista Jacques Derrida.
Per la strada di Kōshū
Discendi un lungo tratto ed ecco stridìo di cicale
Le
bacche rosse ai viburni
Il
ratto delle Sabine ovvero una casa di sasso nello stile di Corinto
Guarda
ci sta il vecchio fabbricatore di tamburi
Col
pigionante, maestro di francese
Che
un giorno – dopo melanzane marinate e cavedani in sashimi
A
furia di tracannar vino di canna
Ci
si paralizzarono le lingue
Versi
Occhio intento al mondo
Trasparenza
d’ali di cicala
Ormai
solo l’occhio resta
Nell’uomo
uccello
Dalla
bella testa!
Per
la fatale china lamento
Estate
di rose
Qualcuno
che ha portato fiori di malva
Terra
color albicocca
E
qualcuno che ha chiesto col braccio proteso indicando
— È quella
Casa
tua?
Nel
gomito del corso superiore del mercurio
Eruzione
dorata di fiori d’altea
Tra
le gambe della donna che s’arrampica sull’albero
Estasi
a ventaglio
Inarcata
crisi
Il
giorno che la formica sale lungo il mirto crespo
Qualcuno
in ozio sul ciglio della strada
Malinconia di Dolben poeta della natura
Stanza prima
Su gialle pasture
Sto
in poltrona
Una
foglia di trifoglio appiccicata nel mezzo della fronte
Lascio
lo sguardo naufragare lontano
Affacciarsi da un arbusto di fatsia
E
sorridere non è comodo ma insomma
Si
può fare
Sdraiato come una forbice d’oro
Dentro
un tappeto steso nel deserto
Ogni
momento scruto verso la moschea
Che
avvisa se di fumare il sigaro sia arrivata l’ora
Ma
dalla torre non viene melodia
Stanza seconda
Colgo viole come un kōtō a sette corde nei campi a primavera
Rovescio
il mare in una coppa di zaffiro
E
ci affondo la basetta
Bevendo lo sciroppo
Il
Serafino vola in cielo
Nero
affonda clangore di bronzo
Punto
il suo mento verso la donna
O
custode levigato!
Stanza terza
E per finire sono diventato gommagutta
Ifigenia mutilata
I
È venuta
Color
fiore di biancospino
Violetto
di lillà
Chiome
bionde
La
donna androgina
Cristallo di benzina
Picasso
Nella
catena delle sue metamorfosi
Trova
ridendo la rosa
2
Storia d’una fessura tra le natiche
Nel
blocco di pietra
Testa
e braccia
Divelte
Una
folta ciocca bionda
Recisa
via
Rimane
appiccicata sulla schiena
Brama
di un’amputata dea di babilonia
Il
sentimento del pensiero
Inatteso
viene avanti.
Un’estate
di sconforto viene avanti
Come
viene l’ape ai fiori della vite
3
Hooo
Accarezza
col fiato la finestra
Coppa
di ghiande e spini
– Ancora
non ho fatto mai l’amore
Ma
la voce e la figura d’un uomo
M’inseguono
da due giorni –
Ha
scritto per lettera
La
signora preoccupata
Su un disegno di Matisse
Nella nobile dimora antica provveduta
Di
terrazza su Rue Bois
Prendendo
colazione discorrevo
Con
Madame Goiron
Intima
di Jean Cocteau
Frumento
nella campagna franca
E
papaveri rossi dappertutto
Cantava
il rossignol
Vigneti
lungo la Ronne
Contadini
ciarlanti
Con
cappelli alla Van Gogh
Né
dimentico poi
Sulle
rose di rovo
La
cesta d’albicocche
Per
il vecchio che spiana delle donne
Ogni
fossetta di mento o d’ombelico
Ha
trovato il liscio disparito l’uomo
E
come colui che inventi
Color
di carne può ben essere chiamato
Alla
festa dell’estate
Liscio,
sogno sommo dell’umana stirpe!
La
donna dell’estate - ape d’estate
Trafigge
le pupille del reale
Dove
sono gigli gialli
E
l’alba tigre
Viso
di donna o matita che compone sull’ardesia
Forse
spigolo di gemma di tra volteggianti foglie di platano
Una
donna
S’avvicina
Tra
le foglie del platano
Viene
avanti
Dritta
verso di noi
E
nel close-up scompare
Né
l’uomo che attendeva la richiama
Prende
una sigaretta
Alza
le palpebre
E
fissa la corteccia
L’opera poetica FAVOLE MODERNE, a cura di Ornella Civardi, è apparsa in Italia su « In forma di parole », anno venticinquesimo, La Quarta Serie, numero primo, gennaio febbraio marzo 2005
______________________________________
Scrive Ornella Ivaldi nella posfazione alla citata raccolta di poesie FAVOLE MODERNE: Nel 1956 Erza Pound, dopo aver scoperto il poeta giapponese Nishiwaki Junzaburo, lo propose per il Premio Nobel....
RispondiElimina...Scriveva, Junzaburō, che “l’universo poetico è all’occhio quotidiano il territorio dell’assurdo. Ma esiste un mondo altrove dove questo assurdo cessa di essere assurdo.”
... Artista o poeta, per lui poco cambia. “L’esistenza di una poesia, fino a quando non cadrà dimenticata, è di perenne metamorfosi. Credo che la vita della poesia – non è un paradosso – non sussista sotto forma teoretica.”...
...La poesia non è che la forma di un momento. “Ma per fermarla, questa forma, venti penne e più ci sono volute, a scrivere e riscrivere una sopra l’altra, né è rimasta traccia della forma primigenia. Sarebbe bello, penso, se Picasso o Matisse avessero lasciato una storia fotografica”...
Affascinato è dir poco della scrittura di questo grandissimo, a me sinceramente sconosciuto. Le mirabili pitture che tende con la penna sono da ammirare come dei sopraffini ukiyo, forse meglio dire che sono degli ukiyo... Giancarlo Serafino
RispondiElimina