Notizia
Autobiografica:
Alba Gnazi, nata nel ’74 in
provincia di Roma; fin da ragazzina per me le parole sono una chiave e un
ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto: leggo da quando ne ho
memoria. Cresciuta con la narrativa
italiana e americana, con le prose omeriche e i classici per ragazzi, da
adolescente incappo nella Poesia di Montale: esperienza totale e definitiva,
che si fa esplosiva quando mi imbatto, un po’ più in là, in T.S. Eliot. Ho pubblicato un breve libro di narrativa nel
2010, ho partecipato, e qualche volta anche vinto, a concorsi di Poesia e di
racconti di genere vario. Ho scritto delle recensioni per alcune riviste
letterarie e musicali e collaborato
all’organizzazione di eventi culturali.
NON ASPETTARE
NESSUNO
Offrirsi un appoggio, rilassarsi al di sopra del
solitario paesaggio di facce
Offrirsi un appoggio, rilassarsi al di sopra del
solitario paesaggio di facce
frammentate
nel retrovisore
facce sgombre di
corpi, facce
quali nudi e
lontani aquiloni offuscati
dal feroce
tramonto.
Truci le voci
vibranti in
discromia con le
derive di
passioni accerchiate dalle
baionette del
quotidiano,
Voci
sparute nei petti
schermati,
voci sterili e
assassine,
voci solerti,
bambine voci, voci
in punta di
pianto.
Voci che non ti
aspettano.
Che non si
aspettano più.
Spolveri la tua sera
con un dito,
spolveri la
ruggine dalle tue ciglia,
dalle tue mani
scivolano legioni di nervi,
frammenti di aria
sporca di compromessi
vengono
inghiottite dai passi rossi del sole che in basso s’incunea
- ed è a te che
s’inchina.
Sorridi alle tue
mani, alla tua sera, ai tuoi silenzi privi di echi,
e anche al sole
sornione, solenne scriba del Tempo.
Silenti ora le
voci
Sotto sipari di
mesta consuetudine,
Voci taciturne
che sfiorano con mute labbra
fronti profumate
di oceano
mentre
tra le bianche dita dei figli dormienti
incastrano
lacrime e sconfitte, incredule speranze, esultanze e omissioni,
Dichiarazioni
d’amore e battaglie strette tra
un peluche e
scorrerie di luce che
lampa e scompare
e ritorna e bacia
il muro la
finestra il figlio la Voce il tappeto.
Stappi l’ultima
bottiglia, assapori il buio sotto la lingua,
buio che favilla
e t’acquieta,
posi il
bicchiere, il corpo lasso, la bottiglia
posi gli occhi su
un’immagine,
su un’idea lucida
che si accorcia, si sfilaccia, s’assottiglia,
posi il sonno tra
le ciglia.
Voci e facce hai
congedato, mentre la notte
tra i tuoi abiti
e nelle tue pantofole s’incaglia
e come un gatto
resta lì,
a luce spenta,
sopita con un occhio solo,
lesta ad
agguantare l’alba e a stringerla in un tango
quando
la vita in caute
forme
si raggruma e poi
si sparpaglia.
Tu volti il
fianco, ritrovi il sogno, sospiri piano.
Immemore
la notte seduce
l’alba
poi
ti torna accanto
e
muore
a te vicino.
14/3/12
NEBULOSA
26/12
Mischiando
I tuoi suoni col
mio umore
I tuoi colori con
le mie parole
I tuoi silenzi
con le mie virtù
Ricercando
Linearità al
confine
Delle tue nebbie
sparse
Scompiglio nella
simmetria
Delle scale
ritmiche delle mie scelte
Centrando
Obiettivi spuri
di
Imbellettata
protervia, lussureggiante nullità
Sapremo di essere
la
Differenza
Di una somma già
sottratta
Risulta impudica
e aspra
D’una dignità
sedotta
In musica
scomposti
Dalla musica
generati
Fedeli a noi
stessi
Che oltre obliqui
specchi
Ci siamo
riconosciuti.
26/12/09
Avresti anche
potuto credermi
(dispersa io)
se le coltri
bianche non
t’avessero
raggrumata
non t’avessero
raccolta
nella fossa d’un
letto sbarrato
se aprile avesse
portato
mozziconi di
salsedine e
nidi tra le
pergole.
Avresti potuto
credermi
sorridendo del
mio borbottio
vacillante e
sfumato
se ti fossi
annodata i lacci delle scarpe e
sorretta da
pareti di gratitudine
sfacciata avessi
riso
uscendo a guardar
le nubi.
Avrei anche
potuto crederti
(dispersa tu)
se la grandine
dei tuoi denti
fossa scrosciata
come pioggia gentile
se le foglie di
aprile
fossero
ingiallite, vizze
di annoiata
allegria
se il cane non
avesse riparato
- riparando la
coda tra le zampe -
nell’andito di
polvere e ragni
tra scope e
saponi il sentore di te
che lì dentro
- lui lo sapeva -
non avresti
sbirciato più.
Avrei anche
potuto crederti
affogati gli
occhi nel sole
se
il freddo che
erano le tue mani
avesse
acciottolato bisbigli di
pigne e calore
accanto al fuoco
denso e nero
se non avesse
tinto
all’improvviso
di ghiaccio il
tuo viso
se al freddo
ch’era
il mio cuore
d’aprile
avessi potuto
infine offrire
aliti di
primavera
noncurante di te.
25/8/09
A ME, ADESSO
Acquistarti alla luce è stata una vittoria
Acquistarti alla luce è stata una vittoria
Scritta su ogni
sasso, sospinta da ogni albeggiante maroso.
Di riconoscenza
in dimenticanza ho vissuto
Scrutandoti
Temendo quasi che
un estro malevolo ti
Ghermisse via da
qui, via
Da me, ora seduta
a
Guardarti fisso
negli occhi, ammirandone gli
Angoli,
occhi pesanti, alla
fronte appesi come
Gemme tagliate da
mani sapienti
E ogni giorno
tirate a lucido.
Se sciogliessi i
grani del tempo in acque
Di sorgiva,
odoroso sarebbe il
sentore di quel
Noi
(oggi dirompente)
che
ieri non
avanzava, fitto di
Speranze
abbracciate a una roccia, più tenaci di uno stormir di
Foglie, o di
promesse.
Tu sai.
Dolce è ora poter
delineare il tuo profilo,
conscia di noi,
delle nostre mani vicine,
assorte nella
stessa Musica,
coltivate dallo
stesso sole,
sorvegliate dalla
stessa primavera che
Iside sedusse con
un bacio di Luna.
Mi alzo, tu con
me.
Non servono
parole, tra noi.
Ti porgo
l’ombrello, tu sosti con una mano sul bavero della mia giacca.
Il sorriso ci fa
Una.
Sei la Me della
penombra. La Me che sotto urlava.
La Me che mi
addormentava, che in me sognava, che a me anelava,
amandomi,
riamata;
la Me che
incontravo nello specchio e nelle poesie,
e che ora è Tutta
e Tutto.
Sei il qui che
non cambia, l’adesso che non si sposta;
Sei la Musica
delle Parole che appassiscono fertili,
e germogliano
antiche,
che
Della Storia
sigillo si fanno, e condanna, e dominio.
Tempo di andare,
mi dici.
Tempo di tornare,
ti dico.
Rientrare in sé è
patteggiare la pena coi tribunali interiori,
è Sapersi
per meglio
Rispettarsi, per ancora
Aspettarsi.
Allo Specchio
sono Io,
Io sola.
Una Musica lieve
arpeggia coi miei tendini; sui miei passi
costruisce
sinfonie
Rosse di sole
Sotto
la breccia
dell’orizzonte
che sempre
inghiotte terra e sabbia
e rose larghe
come aquiloni.
21/4/12
“Le tout est de tout dire”
RispondiEliminaPaul Èluard
Ho “incontrato” Alba Gnazi su FaceBook. E ad attrarre la mia attenzione sono stati certi suoi brevi testi in prosa ma, insieme, delle particolari citazioni di poeti e scrittori; testi e citazioni che Alba usa a corredo di link musicali di “pezzi” splendidi, a volte sorprendenti. Per tutto questo, qualche giorno fa, le ho chiesto dei suoi testi per questo blog. Ha accettato. Pensavo di vedermi arrivare delle prose. No, erano versi (proprio quelli qui pubblicati). Questo mi ha come scosso. Ero impreparato per delle poesie. Ho dovuto leggerle più volte per fissare il cumulo di impressioni che dentro di me andavano sovrapponendosi. Ho capito, credo, un po’ come Alba possa tenersi con tanta costanza dentro ai molti luoghi della scrittura, come possa variamente esprimere e rendere attivo il suo profondo bisogno di dire e di dirsi. “Fin da ragazzina per me le parole sono una chiave e un ponte, un codice privilegiato e misterioso, un canto”, dice così Alba, e come conseguenza necessaria, non fa (non può e non vuole fare) a meno di scrivere. Credo che proprio la varietà di forme e modi che usa, costituisca per lei una salvezza rispetto alla continuità. Se scrivesse soltanto poesie, forse dovrebbe ogni tanto fermarsi – e talvolta soffrire di questo… “Perché è lecito scrivere versi di rado e controvoglia, / spinti da una costrizione insopportabile e solo con la speranza / che spiriti buoni, non maligni, facciano di noi il loro strumento”, come dice Czesław Miłosz. E a me pare che tutto ciò abbia prepotentemente a che fare con la poesia di Alba Gnazi. Una poesia della varietà espressiva, stilistica, formale, ma le cui cifre e simboli e cifrari - pur nei loro aspetti più segreti, più misteriosi e oscuri - è seducente, ammaliante talvolta. Una poesia che abita l’anima e il sentimento, ma anche lo spirito e l’intelletto. Una poesia nient’affatto sentimentale però, a volte quasi prosastica o antilirica, a volte dolcemente ritmica, a volte commovente, ma sempre capace di coinvolgere per ogni fibra del corpo e dell’anima il lettore. È una poesia che si “sente”, che si vive, e sulla quale poco possono le parole che si provano a descriverla. Una poesia che vive il suo tempo storico come vive i nonnulla del quotidiano, che conosce le moltissime maschere del nulla. Ma che, dicendole, ne svela debolezze ed orrori. È una poesia che ama, e che potrà amare anche se stessa, ma solo finché resterà capace di lottare coerentemente per affermare la vita e per mostrare in tutta chiarezza i mille volti del reale, perché, come dice Èluard: “Le tout est de tout dire”.
Antonino Caponnetto
Ho conosciuto Alba circa due anni fa... le alchimie delle similitudini hanno costruito nel tempo un'amicizia che affonda le radici in molte cose condivise, l'amore per i libri, la felicità di tenere una penna in mano lasciandola scorrere senza sosta sulla carta, in preda ai nostri pensieri.
RispondiEliminaE le sue poesie regalano forti emozioni e fanno vibrare le corde dell'anima.
Anna Maria Funari