Francesco De Girolamo è nato a Taranto, ma vive a Roma, dove, oltre che di poesia, si occupa di teatro, come autore e regista. Ha pubblicato le raccolte poetiche: “Piccolo libro da guanciale” (Dalia Editrice, 1990), con introduzione di Gabriella Sobrino; “La lingua degli angeli” (Edizioni del Leone, 1997); “Nel nome dell’ombra” (Ibiskos Editrice, 1998) con una nota critica di Gino Scartaghiande; “La radice e l’ala” (Edizioni del Leone, 2000) con prefazione di Elio Pecora; “Fruscio d’assenza” - Haiku della quinta stagione - (Gazebo Libri, 2009); e “Paradigma” (LietoColle, 2010) con introduzione di Giorgio Linguaglossa.
È presente nelle antologie: “Poesia dell’esilio” (Arlem Edizioni, 1998), “Poesia degli anni '90” (Scettro del Re, 2000), “Haiku negli anni” (Empiria, 2005), “Calpestare l’oblio” (Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana, 2010), e "Quanti di poesia", (Edizioni L’Arca Felice, 2011).
Si sono occupate criticamente della sua opera, tra le altre, le riviste: “Poesia”, “Folium”, “Poiesis”. “LaRecherche.it” e “Atelier”.
Di Francesco De Girolamo abbiamo già pubblicato su questo blog altri testi poetici.
Si veda: FRANCESCO DE GIROLAMO - TRE POESIE
SANGUE DI PIETRA
Tu hai perduto l’ombra della luna
che ti seguiva prodiga e discreta
nell’impeto dei passi controvento
cui ti spingeva il tuo sangue di pietra.
Tu hai perduto il tuo anello tra i rami
del dirupo che porta su alla cima
e le tue ali d’aquila ferita
non hanno dato volo ai tuoi richiami.
Tu sei la pelle lieve tra le spine,
ma di quarzo hai lo smalto e le unghie armate
d’aspro coraggio nato tra i sospiri
d’attese vinte in grida disperate.
AI FUOCHI AZZURRI
Sotto il trepido sole degli addii
lo sguardo era il germoglio di una spina,
era una macchia d’ombra porporina
che il vento vorticava in dondolii.
Un che di noi, perduto nella luce,
rimpiangeva il languore della luna
che indora all’alba i fiumi della brace
non spenta dei bivacchi di fortuna.
Erano troppo presto divampati
i fuochi azzurri dell’appartenenza,
confusi nell’azzurrità più intensa
d’altri cieli remoti, non svelati.
METAMORFOSI
Non è molto quel ramo dietro i vetri
per sapere che fuori impera il niente;
ma è tutto ciò che scorgi e che non vedi
che lo trasforma in una gemma ardente.
Che lo trasforma in una calda rosa
che accende il limitare dello sguardo
della sua sete indomita e operosa;
e ritrasfonde in musica il tuo pianto.
(da “La radice e l’ala” - Edizioni del Leone, 2000)
PARADIGMA
Ho tra le mani il segno che Ti chiesi
quando avevo perduto sguardo e voce:
un raggio e un’ombra tesi su una croce,
e le mani ed i piedi ancora illesi.
Tu hai abitato invano il mio silenzio
quando non eri più nella mia casa:
non era più la mia, per quanto invasa
d’ogni traccia di Te che avesse senso.
E Tu non eri che follia lucente
che suggeriva all’anima accecata
di attraversare quella morte data
per dono, nell’alba imminente.
Non eri più la via, per quanto certa
fosse la strada che mi conduceva
dove la luce, corpo si faceva,
su per l’ascesa faticosa ed erta.
Tu, Desiderio dei presentimenti,
apparso e poi svanito chissà come;
Tu, Negazione dei miei pentimenti
e Pentimento d’ogni negazione.
Non ho che Te per riafferrare il tutto
nella Tua concrezione d’apparenza,
in volti e luci che nella Tua essenza
hanno sgorgato il sangue senza lutto.
E lacerato il velo del Tuo gioco:
ciò che sembrava gelo ed era fuoco:
ciò che sembrava il nulla ed era il cielo:
ciò che sembrava il cielo ed era il frutto
dell’albero del tempo chiuso in poco
più di una stanza, in cui tre cuori soli
vinsero la partita, il giro e il gioco.
(da "Paradigma" - LietoColle, 2010)
Link per chi fosse interessato all’ultima raccolta poetica edita, “Paradigma”: